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sabato 17 settembre 2016

Un milione di lacrime. Il prezzo del drone che uccise Giovanni

Gli Stati Uniti “donano” ai Lo Porto un milione di euro per chiudere il caso del cooperante ucciso in Pakistan. E avvertono:“Non è un risarcimento” . Una pratica sempre più diffusa sugli omicidi segreti dal cielo. Ma la famiglia non ci sta

Giovanni Lo Porto. Alla famiglia
il denaro ma non la verità sulla morte
Con una “donazione” di 1 milione e 185mila euro alla famiglia Lo Porto per compensare la morte del figlio Giovanni, gli Stati Uniti considerano chiuso il caso del cooperante ucciso da un drone americano in Pakistan nel gennaio del 2015. Una donazione “in memoria”, formula ribadita ieri dall’ambasciata americana dopo che il quotidiano La Repubblica aveva rivelato l’accordo siglato l’8 luglio da un diplomatico incaricato di mettere una pietra tombale sulla vicenda. Che resta invece aperta in tutta la sua drammaticità anche se Washington si è tutelata con una formuletta che esclude che la donazione - non dunque un risarcimento ma al massimo un asettico riconoscimento del fatto - possa collegarsi a qualsivoglia futura azione legale: «Ciò non implica il consenso degli Stati Uniti d'America all'esercizio della giurisdizione italiana in eventuali controversie direttamente o indirettamente connesse al presente atto...». Punto e basta.



Ma per i familiari la ferita sanguina perché il denaro non spiega l’errore fatale che si portò via Giovanni e il suo compagno di prigionia Warren Weinstein (detenuti pare da un gruppo qaedista) alla memoria del quale per ora non si sa se l’Amministrazione abbia riconosciuto altrettanto: « Non potrò più rivedere mio figlio e il suo sorriso. Hanno preso il mio prezioso figliolo e hanno ucciso anche me – ha detto la madre di Giovanni - e ora tutto ciò che mi rimane è attendere l'ultimo giorno della mia vita per aver giustizia divina, non certo terrena». Le fa eco Margherita Romanelli della Ong Gvc con cui Lo Porto aveva a lungo collaborato: «Bene i soldi ai genitori di Giovanni, ma non ci arrendiamo. Vogliamo tutta la verità sulla vicenda. Possono mascherare come vogliono ma non ci sarebbe stata donazione senza una responsabilità reale e i soldi sono una chiara dimostrazione di risarcimento. Chiediamo che venga fatta chiarezza per vie legali, con un’inchiesta per far luce sulla vicenda e scoprire cosa sia esattamente successo e quali siano stati gli errori che hanno determinato la morte». E’ quanto ha sempre chiesto anche il senatore Luigi Manconi (lo stesso che segue da vicino il caso Regeni) che proprio alcuni mesi fa, dopo l’ammissione pubblica di Obama sulla morte di Lo Porto e Wallestein, aveva chiesto, con la famiglia, sia il risarcimento sia la verità. Ma quella, rischiando di compromettere la “sicurezza nazionale”, difficilmente verrà fuori.

Quella per Giovanni non è né la prima né sarà forse l’ultima donazione-risarcimento fatta dagli americani per chiudere i casi in cui i droni hanno ucciso civili innocenti. Il caso forse più famoso è quello che vede protagonista Faisal bin Ali Jaber cui un funzionario yemenita aveva messo in mano 100mila dollari in contanti che Faisal aveva rifiutato preferendo rivolgersi al tribunale. Nell’aprile scorso ha impugnato la decisione di un tribunale distrettuale federale di Washington che ha rigettato la sua causa del 2015 con cui voleva determinare se fossero o meno legali gli attacchi dei droni che, nell’agosto 2012, avevano ucciso suo cognato Salem, un imam (tra l’altro anti jihadista), e il nipote Waleed, agente di polizia. Un caso che non smette di far discutere e che vede coinvolti anche tre veterani che hanno lavorato nei programmi speciali militari che utilizzano droni. Gli ex soldati hanno detto alla corte di essere “testimoni di un segreto”, di un sistema che non ha riguardo per i confini e che molto spesso non ti fa sapere chi stai uccidendo. In molti casi infatti si tratta di "signature strike" (quel che di potrebbe definire un “attacco all'impronta”) e che si verifica quando i militari o gli agenti della Cia decidono di colpire non in base all'identità dell’obiettivo ma perché il bersaglio ricalca un’impronta: rientra cioè in un certo schema che automaticamente lo infila in una determinata casella che funziona secondo certi criteri. Naturalmente non sempre è così ma nell’aprile del 2015 (proprio l’anno della morte di Lo Porto) il Wall Street Journal rivelò che il presidente Obama aveva autorizzato a violare le regole piuttosto rigide sui droni approvate nel 2013 per far si che la Cia potesse spingersi a colpire i jihadisti pachistani con maggior “flessibilità”. Quanto alla giustizia americana, segue lo stesso copione che per Faisal: un giudice federale, come nel suo caso, ha rigettato l’azione legale contro l'Amministrazione promossa dopo uno “strike”sempre in Yemen nel 2011 che aveva ucciso tre cittadini americani. In un altro caso yemenita, per evitare azioni legali, gli americani (secondo Reprieve, un’associazione di tutela dei diritti umani) han pagato un milione di dollari ai parenti delle 12 vittime di un attacco di droni durante un matrimonio nel 2013.

E se per la morte di un solo italiano gli Stati Uniti hanno versato un milione – la cifra più alta pagata per la vittima di un drone – c’è anche uno spiacevole aspetto razzista, di convenienza politica, di equilibri diplomatici e pelosi con gli alleati. Sì perché, come ha scritto un vecchio giornalista di vaglia - Valerio Pellizzari nel suo “In battaglia, quando l’uva è matura” - la vita degli “altri” costa davvero poco: «Un morto afgano vale tremila dollari. Ma è una cifra teorica… non viene pagata in valuta ma in kit, in pacchi di vario genere che possono contenere dai pannelli solari…. ai ferri da stiro elettrici… in villaggi dove la corrente non arriva… Per ricevere queste donazioni c’è da seguire una procedura rigorosa e contorta… umiliante... e il costo del viaggio (per trasportare i kit ndr) spesso supera il valore del materiale trasportato».






Di seguito la ricostruzione dell'Ufficio di giornalismo investigativo di Londra

Casualty estimates
Reported deaths and injuries

Pakistan
US Drone Strikes

Total strikes: 424
Obama strikes: 373
Total killed: 2,499-4,001
Civilians killed: 424-966
Children killed: 172-207
Injured: 1,161-1,744

Yemen

Confirmed drone strikes: 133-153
Total killed: 573-833
Civilians killed: 65-101
Children killed: 8-9
Injured: 98-232
Possible extra drone strikes:89-106
Total killed: 351-503
Civilians killed: 26-61
Children killed: 6-9
Injured: 82-109
Other covert operations: 15-78
Total killed: 203-436
Civilians killed: 68-102
Children killed: 26-28
Injured: 43-132

Somalia

Drone strikes: 30-34
Total killed: 228-392
Civilians killed: 3-10
Children killed: 0-2
Injured: 2-8
Other covert operations: 9-13
Total killed: 59-160
Civilians killed: 7-47
Children killed: 0-2
Injured: 11-21

Afghanistan

Total strikes: 458-463
Total killed: 2,036-2,688
Civilians killed: 75-130
Children killed: 4-21
Injured: 217-225
USAF data
Missions with at least one
weapon release: 733
Total weapons released: 1,622

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