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venerdì 15 maggio 2015

A lezione di pace dagli studenti di liceo

Karim Franceschi è quel ragazzo di Senigallia (a destra nella foto tratta da Vanity Fair) che è partito per Kobane qualche mese fa a combattere contro lo Stato islamico, dunque per una buona causa. Ma, mi chiedo: forse che, a modo loro, anche i giovani musulmani non vanno a combattere con l'Is pensando di aderire a una buona causa e di far guerra al male? Alcuni di loro infatti, se ne sono andati schifati dopo aver visto esecuzioni e dittature ideologiche di vario tipo. Io un'idea me la sono fatta ma mi sarebbe piaciuto sapere cosa ne pensano  i ragazzi dell'età di Francesco. L'occasione è arrivata qualche settimana fa a Udine in occasione di una bellissima tre giorni di dibattiti, non solo in grandi aule e teatri della città, ma fin dentro le trincee della Grande Guerra: un evento che ha portato nel capoluogo del Fvg circa 3500 studenti da 68 città e 15 regioni italiane per ragionare della guerra e di come poterne uscire. Incontri e  laboratori con docenti, studiosi ed esperti della  materia e con un “meeting di pace nelle trincee della Grande Guerra” (giornata conclusiva che dava il titolo all'evento) che non era pensata come una visita guidata alle memorie del conflitto ma come luogo evocativo per riflettere sul grande massacro che purtroppo, seppur con piccole guerre, continua.

L'occasione, dicevo, è arrivata il secondo giorno quando un docente universitario ha mostrato ai ragazzi delle foto di giovani che fecero la Grande guerra, da Churchill a Hitler per finire con qualche ignoto soldatino e, ultima immagine dell'intervento, la faccia di Karim, guerriero moderno. Ho preso spunto da quell'immagine e, quando toccava a me dire la mia, ho buttato via il discorsetto che mi ero preparato per chiedere ai ragazzi cosa ne pensavano di Karim. Aveva fatto bene? Male? Loro che farebbero e quale appeal ha oggi la guerra, o una giusta causa tanto da farti prendere il fucile? Domanda mica tanto semplice.

I commenti sono stati davvero tanti e anche illuminanti. Il primo  stimava Karim: stimava la scelta e il coraggio e c'era un evidente sottolineatura della causa (giusta). Non avrebbe detto lo stesso di uno che va a combattere con l'Is. Ma tutti gli altri interventi invece non erano d'accordo con la scelta di Francesco. Si, dicevano i ragazzi (e  mi scuso per la sintesi frettolosa) la causa sarà anche giusta e onore al coraggio di rischia la propria vita per le idee, ma la scelta non va. Perché la guerra come risposta alla guerra non è la scelta giusta. Insomma i ragazzi hanno risposto, pur con diverse motivazioni, quello che avrei risposto anch'io. La cosa mi ha rasserenato perché  mi sarei aspettato una reazione diversa e meno articolata. E infine ho notato che il dibattito prendeva piede, si arricchiva di voci, di mani alzate per dire la propria.

Se l'idea di quelle giornate (organizzata dalle istituzioni locali - Regione, città di Udine, altri Comuni -  dal Coordinamento degli enti locali per la pace con la Tavola della pace* e il Coordinamento scuole per la pace) era fare "scuola di pace", credo che l'esperimento - almeno per la parte che ho seguito - abbia funzionato. Quando si comincia  farsi domande sulla guerra, quando le certezze vengono messe in discussione, la guerra ha già perso. E mi fa piacere pensare che tanti studenti la pensino così. Con buona pace di Karim

* Che ora invita a firmare una Dichiarazione di pace

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