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mercoledì 29 marzo 2017

Rohingya: la parola fine

L'Onu condanna Myanmar ma nessuno
pensa a prendere provvedimenti
Dopo che la missione di Kofi Annan, voluta da Aung San Suu Kyi per metter fine alle polemiche sull'espulsione dei rohingya birmani, un'indispettita casta militare che, benché al governo ci siano i civili, pare aver sempre l'ultima parola, ha detto la sua. Tombale.

 In risposta al rapporto dell'ex segretario generale che chiedeva la chiusura dei campi profughi nello stato birmano del Rakhine, il capo dell'esercito birmano, generale Min Aung Hlaing, ha detto con parole chiare che i Rohingya in Myanmar non ci sono e che quelli che ci sono, restano degli immigrati bangladesi senza diritto di cittadinanza birmana. E' la parola fine cui segue il silenzio di sempre a cominciare dalla leadership civile nel Paese, oppressa dal timore di un colpo di coda degli uomini in divisa.

Ci sono state alcune prese di posizione forti alle Nazioni Unite (il rapporto di Annan è piuttosto blando ma le denunce dell'Onu non sono mancate)  ma sembra di capire che non ci sarà alcun seguito. Il caso è chiuso.

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