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venerdì 9 settembre 2016

Bambini sotto tiro nel mondo e in Afghanistan. E i talebani smentiscono l'attacco a Care International

Un altro milione di sfollati afgani nel 2016. L’Onu lancia l’allarme per un’emergenza annunciata. A rischio la vita di 120mila bambini. Quelli in fuga nel mondo, dice Unicef, sono 50 milioni, la metà da Irak e Afghanistan. I talebani smentiscono di aver attaccato la Ong “Care”

C’è un’emergenza profughi anche nella guerra ormai semi nascosta che si combatte in Asia centrale. Una guerra che miete vittime ogni giorno ma ormai uscita dalla lettura mainstream e senza quasi più copertura mediatica. Eppure, dice l’Onu, c’è di che preoccuparsi: entro la fine dell’anno in Afghanistan ci saranno un milione di nuovi profughi e ogni giorno 5mila attraversano la frontiera pachistana preparando una delle più pericolose e sofferte emergenze umanitarie del 2016. Tra loro molti bambini, parte rilevante di un esercito, spiega l’Unicef, che conta nel mondo 50 milioni di piccoli profughi che in gran parte sono afgani. E sul fronte umanitario di notizia ce n’è anche un’altra: i talebani hanno scritto sul loro sito che non volevano colpire Care International, la cui sede a Kabul è stata sventrata da un’esplosione lunedi notte, ma che l’obiettivo era un centro militare. L’Ong fu quindi un “danno collaterale”.



Nel suo ultimo rapporto su bambini e adolescenti “sradicati” il Fondo dell’Onu per l’infanzia spiega che quasi 50 milioni di ragazzi e bambini hanno attraversato frontiere o han dovuto sfollare a causa di conflitti. E’ un calcolo “prudente” dice un rapporto che segnala come 28 milioni di ragazze e ragazzi di età compresa tra o e 18 anni abbiano dovuto scappare da violenza e insicurezza, mentre altri 20 milioni – accompagnati o soli – hanno comunque dovuto abbandonare le loro case: «Possono essere rifugiati, sfollati interni o migranti – scrive Unicef – però, prima di tutto, sono bambini: senza eccezione e senza che sia importante chi siano e da dove vengano». Nel 2015 la maggior parte dei bambini in fuga proveniva da dieci Paesi ma il 45% di tutti quelli sotto mandato dell’Acnur hanno origine da soli due Paesi: Siria e Afghanistan. Della Siria siamo abbastanza consci. Dell’Afghanistan assai meno. E mentre scatta l’ennesima idea di muro per far fronte a 9mila migranti a Calais, ogni giorno alle frontiere afgane si affacciano 5mila persone che la nuova politica pachistana sta cacciando dal Paese dove, dall’invasione sovietica, si sono installati 2,5 milioni di afgani, un milione dei quali senza documenti.

L’allarme l’ha lanciato mercoledi a Kabul il sottosegretario generale per gli Affari umanitari (Ocha) Stephen O’Brien che ha chiesto alla comunità internazionale un intervento urgente in Afghanistan per far fronte a quello che si pensa sarà presumibilmente il numero degli sfollati interni e di quelli che attraversano la frontiera col Pakistan entro la fine dell’anno: un milione di persone. L’inverno ha detto O’Brian rischia di vedere centinaia di famiglie esposte con un flusso dalla frontiera pachistana che è di 5mila persone al giorno (già 245mila dall’inizio del 2016). La richiesta è di uno stanziamento di almeno 150 milioni di dollari per far fronte all’emergenza di «gente che ha perso casa e armenti, vive nelle tende e non è in grado di sfamare i suoi figli». I nuovi arrivati si aggiungono alla fila che conta già oltre un milione di sfollati interni in una situazione in cui 2,7 milioni di persone sono malnutrite: fra questi ci sono un milione di bambini sotto i 5 anni. Il rischio è che quest’anno si chiuda con un bilancio di oltre 120mila tra loro morti per fame.

Intanto è arrivata la smentita dei talebani sull’azione di commando che lunedi notte ha semidistrutto un ufficio di Care a Kabul: alcuni militanti armati, con l’aiuto di un autobomba, avevano preso d’assalto Sharenaw, area della città dove hanno sede ambasciate e Ong, sventrando diverse strutture. Care aveva messo le mani avanti sostenendo che a loro avviso l’obiettivo era altro e i talebani hanno chiarito che il target era «un centro di intelligence militare gestito dall’ex capo dell’intelligence dell'amministrazione di Kabul nella quale ha sede anche una branca dello spionaggio straniero… la Ong ha sede in una strada della zona militarizzata e dunque non aveva nulla a che vedere col piano. L’obiettivo – scrivono - non era Care International cosa che peraltro Care aveva già detto indicando che il target era un compound accanto al loro ufficio». Vero o falso che sia, la guerra afgana è anche una guerra di bugie visto che per il ministero degli Interni l’obiettivo era senza dubbio Care anche se la Ong aveva smentito. I talebani hanno polemizzato anche con Amnesty, accusata per il il suo comunicato contro l’azione di lunedi definita un “crimine di guerra” seguendo, dicono i talebani, «le fantasie dell’ambasciata americana». Amnesty però ha chiesto anche un’indagine indipendente che chiarisca le responsabilità anche se purtroppo questo genere di inchieste, sempre invocate (come nel caso del bombardamento dell’ospedale di Kunduz), non vengono mai messe in opera. La guerra (ieri i talebani han preso la capitale della provincia di Uruzgan, Tarinkot) con le sue ombre, i pelosi distinguo, la violazione costante di ogni regola finisce per appiattire un paesaggio dove le prime a pagare sono le vittime civili e i loro diritti.

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