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mercoledì 25 giugno 2014

Se la palla passa a Karzai

Dalla crisi innescata da Abdullah Abdullah sembra intanto aver tratto profitto il capo dello Stato uscente, Hamid Karzai. Accusato dal candidato in odore di sconfitta di non essere stato neutrale, il presidente afgano inizialmente non ha reagito, se si esclude una nota di palazzo che ne riaffermava il ruolo super partes. Poi ha avuto parole morbide verso entrambi i rivali, definiti personalità che meritano rispetto. Infine domenica scorsa, in un incontro col Consiglio degli Ulema, ha derubricato lo scontro tra candidati a pura dialettica elettorale. Nessuna scomunica insomma e un comportamento da vero arbitro della nazione. Quanto alle dimissioni di Amarkhil, Karzai le ha accettate di buon grado definendole un «atto responsabile» in grado di «normalizzare» la situazione. Dalle parole poi è passato ai fatti e lunedi ha messo insieme una “delegazione speciale” incaricata di trovare ogni possibile via d'uscita.

La notizia l'ha data il Procuratore generale Ishaq Aloko che si è augurato di non dover ricevere nessuna comunicazione che attivi i suoi uffici e che anzi proprio la delegazione, sulla cui formazione ancora non si sa molto, potrebbe essere la chiave per evitare di tirare in ballo anche la magistratura. Con l'ultima mossa Karzai ha così riaffermato nei fatti la sua imparzialità, accolto con saggezza alcune delle richieste di Abdullah e si è ritagliato addosso l'abito del salvatore della patria neutrale, proprio in un momento in cui gode di un consenso minimo. Karzai peraltro sa che nessuno, oltre ad Abdullah, vuole fermare il processo elettorale a cominciare dagli Stati uniti per finire con l'Onu passando per la Ue. Il suo fallimento sarebbe infatti anche il loro.

Non di meno c'è chi sospetta – pochi - che tutto quanto accada sia addirittura una strategia di Karzai per rimanere in sella, a capo di un governo ad interim che indìca nuove elezioni se queste dovessero rivelarsi illegittime. E che lo siano sono in molti invece a pensarlo: «La cattiva notizia – dice un intellettuale locale – è che nessuno dei due candidati è a posto e se non si torna al voto la comunità internazionale e gli afgani avranno a che fare con un presidente eletto con la frode attraverso una commissione che la frode l'ha addirittura organizzata».

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