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domenica 25 maggio 2014

Lo scontro di poteri dietro al golpe in Thailandia (1)

Il generalissimo: tutto previsto
seguendo una strategia ben precisa
Dopo aver dichiarato martedi l'imposizione della legge marziale, il capo di stato maggiore delle forze armate thai generale PrayuthChan-ocha ha fatto partire il suo colpo di Stato nel pomeriggio di giovedi in seguito al fallimento di un meeting il cui scopo era la ricerca di un'uscita politica dall'impasse. Un'intesa tra gli anti-Shinawatra del People's Democratic Reform Committee (Pdrc) e i filo Shinawatra dell'United Front for Democracy Against Dictatorship (Udd) coi rispettivi partiti guida: il Partito democratico e il Peua Thai di Yingluck Shinawatra. Prayuth voleva la formazione di un governo ad interim “neutrale”. Logicamente, essendoci già un governo ad interim (capeggiato dal premier Niwattamrong Boonsongpaisan con ministri vicini a Shinawatra) e semmai essendo nelle corde del Pdrc un governo del Partito democratico, l'intesa era impossibile come certamente il generale sapeva in anticipo. Ma la foglia di fico poteva coprire una decisione già presa altrove e con l'avallo del re, acerrimo nemico dei Shinawatra, e della sua stretta cerchia di consiglieri. Era necessario far tabula rasa e ripartire, trovando poi il modo di formare, col tempo, un governo costituzionale ma fedele al re. In che modo – visto che il partito di Shinawatra vince sempre le elezioni – si vedrà.

Yingluck: la sua colpa principale
 è di essere sorella  di Thaksin Shinawatra
 e di vincere, come lui, le elezioni
Nel fratempo il generale a capo del Ncpo o National Council for Peace and Order (un fedelissimo della corona che ha servito nella guardia della regina ed è ben ammanicato a corte) ha messo ai ferri tutti quanti consegnandoli – sia i partecipanti alla riunione, sia altri politici e intellettuali vicini a Shinawatra – alla prima divisione di fanteria della Guardia reale di Bangkok. Del resto l'esercito tailandese si chiama “reale” e risponde prima di tutto al re, il vecchio burattinaio che dietro le quinte gestisce il cambio della guardia tanto desiderato a palazzo reale come da vasti settori della business class della capitale. Come scrive AsiaTimes, il golpe era stato preparato con cura assai prima della riunione foglia di fico. La cosa ha funzionato egregiamente e senza versamenti di sangue (per ora) anche se adesso le cose potrebbero complicarsi, come già accaduto in passato quando a sistemare le vittorie dei Shinawatra ci pensava prima la giustizia locale (che anche questa volta ha esautorato Yingluck il 7 maggio dal ruolo di premier per una vicenda giudiziaria del tutto fragile e secondaria) e, nel caso si renda necessario, l'esercito. Del resto la tradizione è antica.

Re Bhumibol Adulyadej: si scrive
golpe militare si legge golpe reale
I colpi di Stato sono stati dagli anni Trenta una dozzina e nove primi ministri sono stati esautorati da putsch delle divise verdi. Due invece sono stati mandati a casa dai magistrati, un potere che molto spesso ha servito, come i soldati, la corona di re Bhumibol. Dunque una storia che si ripete ma, questa volta, senza la delicatezza del penultimo golpe, quello che nel 2006 esautorò Thaksin Shinawatra, fratello di Yingluck, mentre il premier era all'estero. Questa volta, pur salvando le apparenze, non si scherza. Nulla dovrà esser più come prima. Non sarà facile. All'estero – anche se con toni morbidi – l'ennesimo golpe tailandese è stato criticato (dagli Stati Uniti in primis ma anche da altri Paesi tra cui l'Italia) e la famiglia Shinawatra sta pare pensando a un governo in esilio magari nella confinante Cambogia, da cui infliggere colpi appuntiti. Infine c'è un problema di consenso anche se gli analisti dicono che le regioni del Nord e del Nordest – zone di agricoltori che hanno beneficiato in passato dei benefit governativi (tra cui la facilità di accesso al credito) promossi da Thaksin e che hanno costituito la base elettorale del suo partito (nelle sue varie declinazioni ) - adesso sarebbero meno propense ad appoggiare l'Udd, sentendosi danneggiate dalle politiche statali di sussidi per l'acquisto del riso a prezzi popolari visto che molti contadini non sono stati pagati o si sono troppo indebitati. (1 - continua)

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