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giovedì 20 febbraio 2014

Bombe sul Waziristan. Defunge il processo negoziale coi talebani

La copertina dell'ultimo
numero di Hilal, pubblicazione
dell'esercito del Pakistan
I caccia son partiti poco dopo la mezzanotte: destinazione l'agenzia del Nord Waziristan, nelle aree tribali (Fata) e in dettaglio le località di Dattakhel, Shawan, Mir Ali. L'avevano detto, l'hanno fatto. E i rumor di un attacco militare, se il negoziato tra il governo e il  Teheerek-e-Taleban Pakistan (Ttp) fosse fallito, sono diventati il rombo dei jet che, dicono i bollettini militari, avrebbero colpito i santuari della guerriglia, uccidendone alcuni capi e distruggendo in parte le basi di comandi "stranieri": uzbechi, turcmeni e tagichi. Il bilancio ufficiale per ora dice che i militanti morti sono 35 ma le vittime del raid potrebbero essere molte di più. Nell'operativo sono entrati in azione anche elicotteri da combattimento. E' stato il premier Nawaz Sharif ha dare luce verde all'azione. Ma i militari scalpitavano.

Secondo alcune informazioni, i comandi militari, guidati dal nuovo Army Chief, generale Raheel Sharif (nella foto sotto) mordevano il freno soprattutto dopo aver saputo, qualche giorno fa, della morte di 23 ranger (corpi paramilitari o Frontier Corp), prigionieri del Ttp e giustiziati come ritorsione per sequestri, arresti e uccisioni dei militanti, operativi che effettivamente non si sono mai fermati con l'avvio del negoziato di pace. Così come è successo col Ttp per altro: oltre ai 23 ranger, la guerriglia ha colpito indiscriminatamente negli ultimi giorni (il negoziato era iniziato formalmente giovedi 8) cinema, uffici, abitazioni private, ferrovie. Diverse decine di morti (civili).

Altre fonti  però dicono che tutto era preparato sin dal bell'inizio. Che i militari sapevano che il Ttp avrebbe messo a rischio il negoziato e che il suo fallimento avrebbe aperto una finestra per un attacco su larga scala ideato da tempo e che aveva solo bisogno di un pretesto. E' solo un'ipotesi. Intanto, ufficialmente, in queste ore si nega che il raid sia l'inizio di una guerra dichiarata e l'azione viene etichettata per ora solo come “operazione chirurgica”.

L'evidenza è comunque che, se il negoziato era già fortemente malato e poi moribondo, adesso è morto. Almeno a breve termine. Proprio ieri il Ttp aveva per altro dettato le precondizioni per un cessate-il-fuoco chiedendo la sospensione degli operativi militari. E, per la verità, i suoi stessi negoziatori avevano condannato la strage dei 23 ranger che sembrava aver messo in difficoltà la stessa leadership talebana. Troppo tardi. I prossimi giorni diranno del seguito e se il raid è solo un episodio per fare pressione e vendicare gli ultimi affronti (il coordinatore del team del Ttp maulana Yusuf Shah si dice convinto che il negoziato andrà avanti) o l'inizio di una nuova stagione e di una nuova strategia di governo e militari contro gli islamisti armati (come fanno pensare le dichiarazioni di parte governativa).

Secondo fonti militari citate oggi dalla stampa pachistana, almeno 70 persone sono state uccise dal 29 gennaio, quando partì l'appello per il negoziato. La guerra col Ttp dura dal 2007 e si è fatta sempre più sanguinaria: dal settembre scorso sono morte almeno 460 persone: 308 civili, 114 militari, 38 poliziotti. Oltre 1200 i feriti. 

 

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