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venerdì 17 gennaio 2014

IL RAID "ECCEZIONALE" E LA NEBULOSA COLLATERALE


Il distretto di Siahgird si trova a un centinaio di chilometri da Kabul e a una settantina dalla base americana di Bagram. Il fiume, le montagne, villaggi e villaggetti che affacciano sulla strada principale fiancheggiata dal corso d'acqua o su pendi scoscesi e spesso malamente asfaltati come in mille altri villaggi afgani. Siahgird (o Siah Gerd) non è però un luogo così sperduto in qualche gola o deserto ed è così vicino alla capitale, che, con un po' di immaginazione, potresti udire il rombo degli aerei che lo sorvolano. E che tra martedi e mercoledi hanno fatto terra bruciata in una vasta area del distretto. Il bilancio provvisorio conta già una ventina di cadaveri. Guerriglieri? Si alcuni; oltre una decina secondo quanto risulta al governo afgano, cinque secondo i talebani. Sul terreno sono rimasti anche un soldato di Isaf, un militare afgano e, naturalmente, dei civili. Si era detto di sei persone inizialmente ma poi il bilancio è salito a una donna e sette ragazzi. L'età non è nota. I nomi nemmeno. Nebulosa da effetti collaterali.

Il presidente Karzai, che ha ordinato immediatamente un'inchiesta, è furibondo. La dinamica è difficile come sempre da ricostruire. Secondo fonti locali il fatto avviene a Wazghar, una località a un pugno di chilometri dal centro di Siahgird Bazar e che si raggiunge con una stradina che si inerpica nella montagna. Il raid sarebbe avvenuto lì, per molte ore. Ma l'elemento scatenante, che par di capire sia stato l'attacco a un convoglio americano in marcia per raggiungere i militari afgani nella zona, sarebbe iniziato altrove. I soldati comunque chiedono sostegno aereo e inizia il lavoro di pulizia aerea. La zona non è molto popolata ma è pur sempre una di quelle enclave di verde dove ci sono campi e case, ovini e, naturalmente, famiglie. Il comando Isaf/Nato si giustifica: gli risulta un operativo nell'area di Ghormand (vasto distretto che include l'area di Siahgird) e gli risultano due civili morti. Si dispiacciano per eventuali errori ma si giustificano con la presenza di militanti talebani del mullah Omar e del network Haqqani. E comunque, dicono, le autorità locali sono state informate preventivamente. Non è la prima volta che le ricostruzioni hanno larghi buchi neri, numeri che vanno e vengono, reticenze palesi, mezze ammissioni. Che aumentano la rabbia del presidente che sulla questione vittime civili tiene il punto: «Una donna e sette bambini sono stati martirizzati e un civile ferito... il governo ha chiesto da anni la fine completa delle operazioni nei villaggi, ma le forze americane agiscono contro tutti gli accordi e le garanzie reciproche... hanno nuovamente bombardato una zona residenziale e ucciso civili».


La vicenda, a cui nemmeno la stampa locale sembra dare gran peso come se ormai tutto ciò appartenesse a una routine che fa meno notizia di una bomba a Kabul, avviene in un momento delicato. E rafforza le ragioni del presidente che, fino ad ora, si è rifiutato di firmare l'accordo di partenariato politico militare (Bsa) su cui si sta giocando una partita al calor bianco tra Washington e Kabul. Il presidente, al suo ultimo mandato in scadenza il 5 aprile prossimo, non vuole uscire di scena con la firma del Bsa sulla coscienza. Forse è tattica politica (i maligni dicono che, passata questa tornata, Karzai si ripresenterà) ma il problema che pone resta drammaticamente reale. Il Bsa prevede l'immunità per i soldati americani che Karzai ha concesso obtorto collo. Ma il presidente si è impuntato sui raid nelle residenze degli afgani, siano esse a Kandahar o in una remota regione di montagna, come il distretto di Siahgird nella provincia di Parwan. Le bocce sono ferme e gli americani hanno, altrettanto obtorto collo, concesso il diritto di veto agli afgani sui raid aerei. Ma hanno anche specificato che in “casi eccezionali” lo ignoreranno. Siahgird dev'essere stato uno di questi.


In tale stallo politico-militare, lunedì prossimo si incontrano i ministri degli Esteri dell'Unione europea per discutere il dopo 2014. Ma già si sa che fino a che non si sia sbloccato il Bsa c'è poco da decidere se non aspettare che Washington detti la linea. Ancora una volta la politica sottoposta alla logica militare. UN altro “caso eccezionale”. 

Le foto sono di Romano Martinis: apparecchi in volo nei cieli afgani

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